SCOPRI LE ECCELLENZE ENO-GASTRONOMICHE DELL’ABRUZZO

l’Abruzzo ha un’ampia varietà gastronomica, e vinicola, ma negli ultimi anni, nuovi birrifici creati da giovani innovatori, si stanno affermando a livello nazionale. Montagna, mare e collina hanno suggerito prodotti e piatti tradizionali che negli anni sono sempre più apprezzati e conosciuti in tutto il mondo

Qui di seguito solo alcuni esempi:

Tajarille e fasciul, un piatto della tradizione contadina, una ricetta semplice e gustosa. Preparati con farina di semola, acqua e sale.

Il “Coatto di Arsita” (dal latino coactus, ossia ristretto) è un antichissimo piatto di tradizione pastorale, tipico della zona di Arsita in provincia di Teramo. Si tratta di una pietanza di lunga cottura a base di carne di pecora.

Il Pan ducale (il pane dolce preparato per il Duca), tipico della bellissima città di Atri (TE), è un dolce di tradizione antichissima risalente al 1300 e legato alla famiglia degli Acquaviva d’Aragona che regnarono in questa zona per quasi tre secoli. Il Pan Ducale è tutt’ora uno dei dolci più conosciuti ed esportati d’Abruzzo.

Salsicce sott’olio, quella di riporre le salsicce sott’olio o sotto strutto, è una tipicità tutta abruzzese. Il procedimento prevede l’utilizzo di parti di spalla, collo, pancetta e coscia del maiale, dissanguate, scotennate, disossate e opportunamente pulite. Alla carne viene aggiunta una parte di grasso, in misura del 20% circa della quantità complessiva. La carne e il grasso sono finemente macinati e impastati a mano, con l’aggiunta di sale, pepe e altri aromi come il finocchietto selvatico,…

Il Confetto di Sulmona è, il manufatto artigianale abruzzese più conosciuto al mondo, individuato con il marchio P.A.T. nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani

Le “Peschette” sono dei golosi biscotti farciti friabili che prendono la colorazione rosata grazie all’alchermes in cui sono imbevuti. Devono questo nome alla forma che è loro data: unendone due e decorandoli con l’aggiunta di una fogliolina di ostia verde, in questo modo si ha davvero l’immagine di un piccolo frutto

Le nevole, deliziose cialde, emblema della tradizione dell’Abruzzo più vero! Le Ferratelle (anche chiamate “pizzelle” o “neole”) prendono il nome dal tipico attrezzo dentro il quale vengono cotte, un arnese con due piastre di ferro che si chiudono a tenaglia. In passato erano di esclusivo appannaggio delle famiglie nobili che personalizzavano gli stampi con lo stemma del loro casato: sovente facevano parte della dote delle giovani spose

La “pasta a lu sparone” è un rotolo di pasta fresca all’uovo con un ripieno di ricotta e spinaci, lessato e accompagnato da sugo di pomodoro e formaggio grattugiato. È una tipica ricetta abruzzese ed è considerata uno dei piatti dei giorni di festa per eccellenza, da riservare alla domenica e alle grandi occasioni. Il suo particolare nome deriva dallo “sparone”, lo strofinaccio di tela, lino o cotone, nel quale il rotolo è avvolto prima di essere cotto.

Il parrozzo è certamente il dolce abruzzese più conosciuto. Nasce nel 1926 come versione dolce del “pan rozzo”, il pane rustico dei contadini, ad opera del pasticcere pescarese Luigi D’Amico. Quando Gabriele D’Annunzio riceve in dono questo nuovo dolce è folgorazione immediata. «E’ tante ‘bbone stu parrozze nove che pare na pazzie de San Ciattè, c’avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce». (Gabriele D’Annunzio)

I caggionetti specialità tipica di Teramo e della sua provincia, sono, probabilmente, i dolci natalizi più amati: una squisitezza, un fagottino farcito di dolcezza che è davvero impossibile non amare e gustare. Anche nel caso di questa delizia, la tradizione è tuttora salda e ben tramandata: i caggionetti resistono al tempo e alle lusinghe delle produzioni dolciarie industriali, sono realizzati ancora in casa e sono un vero e proprio simbolo del Natale

Le sfogliatelle sono un’altra specialità che non può mancare sulle tavole abruzzesi durante le feste natalizie. E’ una ricetta piuttosto elaborata, ma questi dolci sono talmente amati e legati alla tradizione, che la difficoltà non ha mai spaventato nessuna brava massaia e le sfogliatelle non hanno mai corso il pericolo di diventare una di quelle ricette che si perdono nel corso degli anni.

Il tacchino alla neretese della zona della Val Vibrata, è una specialità tipica del periodo di San Martino: quindi, non solo castagne e vino novello, ma anche questo delizioso piatto è consumato per onorare il veneratissimo e buon santo dell’11 Novembre. E’ una ricetta antichissima, tramandata di generazione in generazione.

La Centerba frutto dell’infusione di cento erbe mediche di montagna per ottenere un distillato da usare come medicamento per il mal di stomaco e problemi intestinali: così nasce la Centerba, il liquore più famoso d’Abruzzo che, della sua terra d’origine, incarna perfettamente le caratteristiche di “forza” e “gentilezza”. Di un intenso colore verde smeraldino, inventato nel 1817 dal farmacista Beniamino Toro di Tocco da Casauria, nei suoi duecento anni di produzione è diventato una vera e propria istituzione, tanto da avvalersi della P.A.T. (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) come prodotto tipico d’Abruzzo.

La mortadella di Campotosto è un prodotto tipico dell’omonima zona a ridosso del grande lago in provincia dell’Aquila, diventato presidio Slow Food sostenuto dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, teso a salvaguardarne l’unicità e la produzione artigianale ormai affidata a sole due aziende del luogo. Comunemente chiamata “coglioni di mulo” per la forma e per la vendita fatta a coppia

Il formaggio fritto, è’ in assoluto uno dei piatti più golosi, gustosi e tipici del territorio d’Abruzzo. L’origine è presto detta: in una regione dove la pastorizia è stata cardine per secoli, la tradizione di cucinare il formaggio si perde nel corso dei tempi.

Gli arrosticini, se sei Abruzzese, quando conti le pecore, invece di addormentarti ti viene fame Gli arrosticini sono forse l’emblema dell’Abruzzo intero. Rappresentano il tratto identificativo di un popolo come solo pochissime altre cose possono fare. Quando in Abruzzo si “appiccia la fornacella”, si può stare sicuri che saranno preparate le braci per cucinare gli arrosticini. Sono la condivisione del cibo tra amici, sono la definizione più pura e nobile del senso del convivio

Lu vrudatt’ che sia alla Giuliese o alla Vastese, il Brodetto (“lu vrudatt’”) è uno dei capisaldi della tradizione gastronomica abruzzese, un’altra delle tantissime eccellenze del nostro territorio. E, come la maggior parte dei piatti nobili, nasce come piatto povero: era il cibo dei pescatori dell’adriatico che utilizzavano il pesce rimasto invenduto per la scarsa qualità o per le piccole dimensioni, per cucinare una deliziosa zuppa accompagnata dal pane abbrustolito. Oggi il Brodetto è patrimonio dei ristoranti più blasonati (o delle massaie più esperte), perché per questo piatto valgono due regole ben precise: la reperibilità del pescato (assolutamente locale) e la sua

Maccheroni alla chitarra in passato, il pranzo della domenica in Abruzzo significava solo una cosa: “Maccheroni alla chitarra”. Se è vero che la bontà del piatto è paragonabile alla perfezione di un’opera melodiosa, la chitarra in questione non è, però, lo strumento musicale costruito da un liutaio. La “chitarra” (dall’antico “barrature”) o “maccharunare” è, in realtà, un antico attrezzo casalingo costituito da una sorta di telaio di legno di faggio di forma rettangolare, alla cui superficie sono posti dei sottili fili di ottone o rame posti tra di loro a una distanza di 2 mm. Su queste “corde” è posizionata la sfoglia, premendo su di essa con il matterello vengono fuori i maccheroni che si condiscono con il sugo di pomodoro e pallottine (piccolissime polpette fatte a mano).

La Pizza Dolce in Abruzzo è la torta per definizione. Riservata in passato soprattutto ai matrimoni, ancora oggi non c’è festa importante che si concluda senza l’arrivo di questa sontuosa meraviglia. Consiste in un pan di spagna tagliato a dischi, bagnato con caffè e liquore e riccamente farcito. Sebbene sia di origine molto antica, è sopravvissuta ai giorni nostri nella sua versione tradizionale. Nonostante qualche volta si strizzi l’occhio anche all’aggiunta di ingredienti “moderni” (come la panna), la Pizza Dolce classica resta ancora oggi quella più amata e, benché la sua preparazione sia un po’ elaborata, non è difficile da realizzare.

“PAX RATA FIAT”, questo sancivano in passato gli ambasciatori al raggiungimento di un accordo che di solito avveniva durante un banchetto, alla fine del quale si serviva un liquore a base di frutta. Anche nella tradizione popolare abruzzese, i notai pronunciavano la frase “Pacta rata fiat” alla conclusione di una stipula di un atto. Già nel 1868, lo scrittore teramano Alessio de Berardinis (“Ricordi sulla maniera di manifatturare vini e liquori”) faceva derivare il nome della RATAFIA legandolo a quest’ antica pratica. Gabriele D’Annunzio lo definiva “l’Elisir d’Abruzzo”, decantandone le caratteristiche afrodisiache da attribuire alla dolcezza del gusto

Lo zafferano è la spezia più costosa al mondo. Per ottenerne un chilo occorrono circa 200.000 fiori e più di 500 ore di lavoro (tutto manuale) per raccoglierli. La qualità più pregiata al mondo è quella abruzzese, coltivata in provincia dell’Aquila, soprattutto nella zona dell’Altopiano di Navelli. Il fiore di zafferano è di un delizioso color violetto con gli stimmi rosso/arancio: fiorisce in Ottobre e la vista che si presenta a chi osserva questo spettacolo della natura ai piedi del Gran Sasso, regala un colpo d’occhio difficile da dimenticare. La bellezza del fiore è direttamente proporzionale alla bontà del suo prodotto.

Il cacio marcetto, molti conoscono questo formaggio tipico dell’Abruzzo montano, un prodotto leggendario per via della sua unicità. Il cacio marcetto, quello con i vermi saltarelli, è prodotto con latte di pecora, è di tradizione pastorale antichissima e, conseguentemente, anche poverissima. Per l’umile gente delle montagne il formaggio era una delle pochissime fonti di sostentamento. La stagionatura avveniva in avverse condizioni ambientali nei pressi degli ovili e non sempre andava a buon fine: era frequente, infatti, che il formaggio fosse attaccato dalle larve delle mosche che deponevano le uova sotto la crosta umida.

Le virtù sotto il nome di “virtù” non si presenta solo un piatto unico al mondo e dal sapore straordinario, ma è un legame, è un’appartenenza gelosa e orgogliosa alla città di Teramo ed alle proprie radici. Si, perché le vere virtù si fanno a Teramo. E solo a Teramo. Anche quelle delle frazioni limitrofe e dell’immediata periferia “per i teramani” non sono virtù.

L’agnello “cacio e ova” è un altro di quei piatti della tradizione pasquale molto amato, a base di agnello a spezzatino, uova, vino bianco, succo di limone, pecorino e olio.

La scrippella, la dominazione francese sul territorio della città di Teramo è evidente in molti modi, primo tra tutti, nel dialetto. Moltissime parole di uso comune, nell’idioma aprutino sono pronunciate proprio in francese e con il medesimo significato (“la fije”, la figlia – “la famije”, la famiglia – “la paje”, la paglia e così via). Ma dove l’impronta è più nota, perché legata alla vera tradizione, è nella preparazione di una pietanza che è vera regina della gastronomia di Teramo: la scrippella. La scrippella (o crespella in italiano) è la sorella quasi gemella delle celeberrime crêpes. Le scrippelle si mangiano in brodo di carne o nel timballo.

Il pecorino d’Abruzzo, prodotto in tutte le province dell’Abruzzo, è storicamente il formaggio più commercializzato e consumato in regione. La sua tecnologia semplice è tramandata da generazioni, tanto da permettere al prodotto di maturare brevemente o raggiungere stagionature importanti. Le forme maturano per 20 giorni su graticci di canne o scaffali, in locali aerati, dove vengono rigirate ogni 2 giorni. Dopo un mese le forme si ungono con olio extravergine d’oliva. La stagionatura può durare oltre un anno. E’ un formaggio importante, perché legato alla storia abruzzese della transumanza. Fino a 50 anni fa era l’alimento base dei pastori che si spostavano fra la Puglia e l’Abruzzo, seguendo il ciclo delle stagioni e scegliendo pascoli sempre diversi, i quali caratterizzavano l’alimentazione naturale degli animali.

Il liquore di Genziana è l’immancabile fine pasto della tavola Abruzzese. Dal colore ambrato e dall’intenso gusto amarognolo, è il digestivo per definizione e presenza indispensabile anche per la ricchezza del menu tipo abruzzese. La pianta di Genziana è tipica dell’Appennino e cresce sulle pendici del Gran Sasso: il fiore è di colore giallo, dalla macerazione delle radici con zucchero e alcool, si ottiene il prezioso distillato. Essendo una pianta protetta da severissime leggi, la raccolta può avvenire solo con autorizzazione degli Ispettorati Dipartimentali delle Foreste e “solo per scopi scientifici, didattici, medicamentosi ed erboristici, mediante rilascio di licenze temporanee.

La liquirizia di Atri e di Silvi, nel 1500 i frati domenicani del monastero di Atri estirpavano le radici di liquirizia spontanee di cui il territorio argilloso della zona era ricco, facendole essiccare per ben quattro anni. In seguito ne recidevano la parte superiore e spremendole estraevano il succo che utilizzavano come rimedio naturale, un unguento che chiamavano “Medicamenta”. All’inizio del 1800 il numero di monaci si fece sempre minore ed è allora che Rodolfo De Rosa, dopo aver ottenuto i terreni in concessione divenne primo proprietario dell’azienda. Proseguì sulla scia dei monaci ricavando l’estratto di liquirizia e dal 1836 iniziò la prima vera e propria produzione di tipo industriale. Nel 1930 l’azienda passò in mano al dottor Parodi di Milano. Nel 1931 entra in scena Menozzi, che decise di lasciare il posto fisso da impiegato all’ufficio postale di Ca’ del Bosco in provincia di Reggio Emilia per trasferirsi ad Atri a lavorare come addetto vendita, mentre nel ruolo di addetto amministrativo lavorava allora Angelo Barabaschi. Poco prima della seconda guerra mondiale, Menozzi e Barabaschi decisero di staccarsi dalla De Rosa per fondare la Saila a Silvi. Alla fine del conflitto i due conclusero però la collaborazione e Menozzi si trasferì a Milano dove capì di voler ritornare sui suoi passi. Già alla fine del 1946 decise, infatti, di aprire una fabbrica a Montesilvano, il Comune più vicino al territorio di Atri e Silvi ma situato in provincia di Pescara, ponendosi in diretta concorrenza con la De Rosa e la Saila. Dodici anni più tardi, nel 1958, Parodi decise di vendere la sua attività e Menozzi acquisì allora la De Rosa, diventando, di fatto, il re della liquirizia in Abruzzo. Nel 1971 fondò la “Aurelio Menozzi & R. De Rosa industrie riunite liquirizia e affini”, mantenendo tutte e due le fabbriche, sia ad Atri dove avveniva la produzione industriale, che a Montesilvano dove c’era invece la lavorazione dei prodotti a marchio Menozzi. Nel 1986 Aurelio Menozzi decise infine di unificare la produzione nella sede unica del vecchio monastero cinquecentesco di Atri lasciando che le linee di produzione rimanessero separate. Nel 1979 morì e subentrano in azienda i figli, Mario, Giuseppe e Lidia che da undici anni sono accompagnati a loro volta dai figli Aurelio, Stefano e Angelo. E’ del 1998 l’apertura del nuovo stabilimento nella zona industriale di Atri, che nel 2002 sostituì di fatto il vecchio monastero. Rispetto al passato, oggi le radici di liquirizia non sono più quelle estirpate nei calanchi atriani, dove la nascita spontanea della liquirizia è terminata già all’inizio del 1900. La maggior parte arriva infatti dalla Calabria, dai paesi dell’est Europa e dal Medio Oriente.

Le birre artigianali, l’Abruzzo è terra generosa anche per quanto riguarda le birre artigianali. Negli ultimi dieci anni sono tante le realtà imprenditoriali sorte sul territorio. Solo alcuni esempi che vi invitiamo a visitare:

4 Quarti, Alkibia, Almond 22, Anbra, Antica Birreria degli Abruzzi, Bertona, Bibibir, Birra Miles, Birrificio Abruzzese, Deb’s, Delphin Beer, Desmond, Donkey Beer, Golden Rose, Grignè, la casa di cura, la Fortezza, la Monna, la Fontedellatte, Leardi, Mad Hopper, Maiella, Mezzopasso, Monster Factory e Co, Officina del luppolo, Opperbacco, Ordeum, San Giovanni, Tenute Ducali, Terre d’Acquaviva, Tocci Oppidum,

I vini d’Abruzzo, da Ovidio a Polibio sono tante e autorevoli le testimonianze della presenza di una tradizione vitivinicola in Abruzzo già nell’antichità. Concentrata, fino al Rinascimento, prevalentemente nella Valle Peligna, in provincia dell’Aquila, la viticoltura abruzzese ha poi conosciuto una fase di rapida trasformazione, soprattutto nel periodo dell’unificazione. Ma è negli ultimi 40-50 anni che la viticoltura abruzzese si è specializzata e in modo molto razionale ha via via abbandonato le aree più difficili per ridistribuirsi in quelle più vocate della collina litoranea.

Il Montepulciano è tra i vitigni più diffusi e rappresenta più della metà della base ampelografica regionale, oltre a essere il vitigno di riferimento della DOC Montepulciano d’Abruzzo, che conta anche la tipologia Cerasuolo. Coltivato su circa 17 mila ettari, con un trend in continua crescita (negli ultimi anni oltre il 70% dei nuovi impianti sono stati realizzati con questo vitigno), si hanno notizie certe sulla sua presenza in Abruzzo sin dalla metà del ‘700.

Segue poi il vitigno bianco Trebbiano d’Abruzzo con circa 14 mila ettari, che dà origine all’omonima DOC, altra protagonista della storia vinicola abruzzese. Infine si annoverano una serie di vitigni tra autoctoni, nazionali e internazionali quali Passerina, Pecorino, Cococciola e poi Sangiovese, Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Merlot.

Tante le cantine in grado di produrre dei vini di alta qualità sempre più apprezzati in Europa e negli USA, solo alcuni suggerimenti: Cantina Colonnella, Talamonti, Santobono, Feudo Antico, Cataldi Madonna, Valentini Minuzzi, la Cascina del Colle, Nicodemi, Cordoni di Ancarano, Carlo Massimo Rabottini, Cantina Frentana, Tenuta Arabona, Podere della Torre, Centorame, Valle Martello, Pepe Stefania, Barone Cornacchia, Emilio Pepe, Cantina Zaccaginini, Ausonia, Illuminati Dino, Anfra, Casimirri, Franco Pasetti, Lepore, Marramiero Azienda, Masciarelli, Villa Medoro.